la canzone di guerra

(dino buzzati)

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    LA CANZONE DI GUERRA



    Il re sollevò la testa dal grande tavolo di lavoro fatto d’acciaio e diamanti.
    - Che cosa diavolo cantano i miei soldati? _ domandò.
    Fuori, nella piazza dell’Incoronazione, passavano infatti battaglioni e battaglioni di soldati in marcia verso la frontiera, e marciando cantavano. Lieve era ad essi la vita perché il nemico era già in fuga e laggiù nelle lontane praterie non c’era più niente da mietere altro che gloria: di cui incoronarsi per il ritorno. E anche il re di riflesso si sentiva in meravigliosa salute e sicuro di sé. Il mondo stava per essere soggiogato.
    - E’ la loro canzone, -Maestà – rispose il primo consigliere, anche lui tutto coperto di corazze e di ferro. E il re disse: - Ma non hanno niente di più allegro?
    - Che cosa vuole, Maestà? - fece il vecchio consigliere. I soldati hanno le loro manie, un po’ come i bambini. Diamogli i più begli inni del mondo e loro preferiranno sempre le loro canzoni.
    I soldati che partivano per il fronte e quelli che combattevano lontano, cantavano: “ Per campi e paesi, - il tamburo ha suonà – e gli anni passà – la via del ritorno, - la via del ritorno, - nessun sa trovà”.
    Ogni sera al termine dei combattimenti, mentre ancora il terreno fumava, messaggeri veloci venivano spiccati, che volassero a riferire la buona notizia. Le città erano imbandierate, gli uomini si abbracciavano nelle vie, le campane delle chiese suonavano, eppure chi passava di notte attraverso i quartieri bassi della capitale sentiva qualcuno cantare, uomini, ragazze, donne, sempre quella stessa canzone, venuta su chissà quando.
    Mai nella storia del mondo, per quanto si risalisse nei secoli, si ricordavano vittorie simili, mai eserciti così fortunati, generali così bravi, avanzate così celeri, mai tante terre conquistate. Anche l’ultimo dei fantaccini alla fine si sarebbe trovato ricco signore tanta roba c'era da spartire.
    Per i campi e i paesi i reggimenti d’anno in anno avanzavano sempre più lungi, né si decidevano a incamminarsi finalmente in senso inverso. Battaglie, vittorie, vittorie, battaglie: ormai le armate marciavano in terre incredibilmente lontane, dai nomi difficili che non si riusciva a pronunciare. Finché venne il giorno che la piazza dell’Incoronazione rimase deserta, le finestre della reggia sprangate, e alle porte della città il rombo di strani carriaggi stranieri che si approssimavano; e dagli invincibili eserciti erano nate, sulle pianure remotissime, foreste che prima non c’erano, foreste di croci che si perdevano all’orizzonte e niente altro. Perché non nelle spade, nel fuoco, nell’ira delle cavallerie scatenate era rimasto chiuso il destino, bensì nella canzone che a re e generalissimi era parsa poco adatta alla guerra.
    (Dino Buzzati, da: La boutique del mistero)



    Edited by april743 - 12/2/2004, 00:01
     
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  2. blumy
     
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    Buzzati - il mio adoratissimo Buzzati - l'ho letto all'alba dei miei giorni e la Boutique del mistero è nel mio scaffale, assieme a Un amore, Il deserto dei Tartari ( ), Sette piani e qualche altro libro di cui non ricordo il titolo.
     
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    un amore che condivido pienamente, blumy.
    adoro la maniera di scrivere di buzzati, il suo stile.
    sai, io non amo molto i Racconti, come genere letterario, preferisco i romanzi di ampio respiro, ma ci sono degli autori di cui amo ogni parola e di cui trovo perfetti anche i racconti.
    uno è buzzati, l'altro è calvino e poi... c'è kathrine mansfield.
    i racconti di quella donna mi fanno impazzire.
    ora torno al lavoro.
    un bacio
     
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2 replies since 12/2/2004, 02:14   5907 views
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